Don Milani: scuola «per tutti» ma anche la casa e l'acqua.
È poco nota, ma di grande significato, la lotta fatta insieme ai montanari barbianesi per la costruzione di un acquedotto che avrebbe dovuto portare l'acqua a nove famiglie. Una battaglia persa, perché un proprietario terriero rifiutò di concedere l'uso di una sorgente inutilizzata che si trovava nel suo campo, mandando così all'aria, scrive Milani in una lettera pubblicata nel '55 dal Giornale del Mattino di Firenze (allora diretto da Ettore Bernabei) «le fatiche dei 556 costituenti», «la sovranità dei loro 28 milioni di elettori e tanti morti della Resistenza», madre della Costituzione repubblicana. Di chi è la colpa? Della «idolatria del diritto di proprietà». Quale la soluzione? Una norma semplice, «in cui sia detto che l'acqua è di tutti». E la casa, col piano Ina-Casa di Fanfani che avrebbe dovuto assicurare un tetto ai lavoratori, ma che venne realizzato solo in minima parte, mentre continuavano gli sgomberi di chi occupava le ville di ricchi borghesi che di abitazioni ne avevano due o tre, tenute vuote «per 11 mesi all'anno». «La proprietà ha due funzioni: una sociale e una individuale», e «quella sociale deve passare innanzi a quella individuale ogni volta che son violati i diritti dell'uomo», scrive Milani nel '50 su Adesso, il giornale di don Mazzolari. Queste parole «domenica le urlerò forte. Vedrete, tutti i cristiani saranno con voi. Sarà un plebiscito. Faremo siepe intorno alla villa. Nessuno vi butterà fuori».
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